Occhi sull’Etna: la lava nasconde un’equazione “segreta”

L'Etna al centro delle indagini dell'Ingv: analizzato un evento dello scorso Marzo che ha permesso di rilevare quantità di lava e tempistiche del fenomeno.

Dallo scorso Febbraio, circa 50 episodi cosiddetti "parossistici" hanno interessato l’Etna: tali fenomeni, particolarmente violenti, sono costituiti essenzialmente da eruzioni laviche e fontane di lava, che nel corso dei mesi hanno addirittura modificato l’aspetto del vulcano.

L’accumulo di sedimenti e materiale piroclastico ha infatti fatto registrare l’altezza record di 3357 metri sul livello del mare: soltanto tre anni fa, secondo le rilevazioni dell’Ingv, l’Etna misurava 3326 metri. 

L’intensa attività vulcanica registrata dalla fine del 2020 ha condotto l’Ingv, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ad approfondire lo studio del Mongibello e degli ultimi eventi.

Una colonna eruttiva di oltre 12 chilometri

Il team dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, guidato dalla Dottoressa Sonia Calvari, ha preso in esame la straordinaria fontana di lava creatasi durante l’evento vulcanico del 12 Marzo 2021. In quell’occasione, in pieno giorno e con condizioni meteo particolarmente favorevoli allo studio, dall’Etna si alzò un’imponente fontana lavica, che produsse un pennacchio di fumo alto oltre 12 chilometri.

 "Durante quest’anno l’Etna ha avuto diversi episodi di fontane di lava", spiega la Dottoressa Calvari, "abbiamo voluto analizzare con metodi multiparametrici quello che ci è sembrato il più intenso e che, tra l’altro, è avvenuto di giorno e con condizioni meteorologiche favorevoli." 

Lo studio, "Anatomy of a Paroxysmal Lava Fountain at Etna Volcano: The Case of the 12 March 2021 Episode", ha permesso di stabilire in particolare in quanto tempo la fontana di lava forma la colonna eruttiva e quanto tempo è necessario a questa per dissolversi nell’atmosfera.

La ricerca ha individuato le tempistiche del fenomeno: il "pennacchio di cenere" si è sviluppato a mezz’ora dall’inizio dell’evento, ed è rimasto ben visibile per circa due ore dopo la cessazione dell’eruzione.

La formazione della colonna di fumo è un fenomeno tipico degli eventi parossistici propri dei vulcani: si tratta di una colonna composta da gas, cenere vulcanica e lapilli che viene espulsa dalla bocca del vulcano durante un’eruzione lavica. 

I ricercatori dell’INGV hanno dunque approfittato dell’eccezionale attività vulcanica degli ultimi mesi per studiare più a fondo il fenomeno, e tenere sotto controllo il gigante siciliano.

L’equazione "segreta" delle eruzioni

La ricerca ha utilizzato metodiche differenti, che vanno dall’analisi delle immagini processate dall’Osservatorio Etneo fino alle analisi satellitari. Un ruolo importante nella ricerca è quello affidato alle rilevazioni dilatometriche, seguire dal Dottor Alessandro Bonaccorso: grazie ad un sensore installato all’interno di un pozzo profondo circa 150 metri, a 10 chilometri dalla cima dell’Etna, è stato possibile registrare "un segnale scevro da qualsiasi influenza superficiale di natura antropica o meteorologica".

Grazie al confronto dei dati delle singole tecniche di rilevazione, è stato possibile ottenere il volume totale eruttato. Si è rilevato, inoltre, "per la prima volta, come il volume totale del materiale eruttato durante questa fontana di lava sia stato inferiore alla somma delle colate laviche e della parte piroclastica". Una prova sperimentale a sostegno dell’ipotesi che parte del materiale eruttato rifluisca lungo il pendio del vulcano, andando a fondersi con la colata lavica vera e propria.   

Lo studio dell’Ingv ha quindi raccolto – grazie anche un confronto aperto dei risultati ottenuti dalle singole tecniche d’indagine – dei dati di fondamentale importanza per comprendere l’equazione che potrebbe governare i fenomeni vulcanici. Quantità di materiale coinvolto nei fenomeni eruttivi e tempistiche di formazione e dissolvimento degli epifenomeni potrebbero essere la chiave per comprendere meglio la vita dell’Etna.

Oggi sappiamo che l’evento del 12 Marzo provocò un’eruzione totale di 2,4 milioni di metri cubi di lava e di 1,6 milioni di metri cubi di materiale piroclastico, a fronte di una quantità totale di materiale di 3 milioni di metri cubi, rilevata dal dilatometro. La differenza tra il totale e la somma di lava e materiale piroclastico corrisponde, spiega la Calvari, "al 30% del materiale piroclastico, è dovuto al fatto che quest’ultimo è rifluito lungo il pendio per gravità ed è andato ad alimentare le colate laviche".

La fontana di lava ha creato in  meno di mezz’ora un pennacchio di fumo alto oltre 12 chilometri, che è rimasto nell’atmosfera "per circa due ore dopo la cessazione delle fontane". Numeri importanti che possono essere messi a sistema per scoprire finalmente come capire e potenzialmente prevedere il comportamento dei vulcani. 

La ricerca, infatti, proseguirà con l’analisi approfondita di tutti gli eventi parossistici che hanno interessato l’Etna dalla fine del 2020 e che oggi continuano ad allarmare la comunità. Il fine, come spiega l’Ingv, è quello di "cogliere delle variazioni nel tempo che possano far capire la possibile evoluzione del fenomeno e i processi che avvengono nel sistema di alimentazione del vulcano", e svelare finalmente l’equazione che ci consentirà di comprendere come nascono e si alimentano i fenomeni vulcanici. 

Alessandra Caraffa