Il telescopio Kepler ha catturato il momento appena precedente l’esplosione di una supernova: è la prima osservazione diretta della fase finale della vita di una stella, confermata dalla NASA.
Sappiamo praticamente da sempre che l’universo è popolato di supernove: si tratta di stelle che – più grandi del Sole – finiscono la propria vita con una massiccia esplosione che poi le trasforma in stelle di neutroni, o pulsar.
La prima testimonianza scritta di una supernova risale addirittura al 185 d.C., quando un gruppo di astronomi cinesi lasciò traccia dell’osservazione della stella SN185; si pensa però che le prime osservazioni di supernove risalgano a Ipparco di Nicea, quindi al II sec.a.C, almeno secondo quanto riportato dallo scrittore romano Plinio il Vecchio.
Sappiamo che ci sono, dunque, ma fino ad oggi nessun telescopio ottico era riuscito a catturare l’immagine di una supernova.
La prima foto di una supernova
È stato pubblicato lo scorso 3 Agosto sulla rivista scientifica della Royal Astronomical Society lo studio che per la prima volta riporta l’osservazione di una supernova – cento volte più grande del Sole.
Condotto dalla Australian National University (ANU) in collaborazione con la NASA, il gruppo di ricercatori è così riuscito nell’impresa di osservare l’esplosione di una supernova.
"È la prima volta che qualcuno riesce ad avere uno sguardo così preciso sull’intera curva di raffreddamento di una supernova", afferma Patrick Armstrong, a capo dell’equipe.
L’immagine mostra un potente lampo di luce provenire dalla stella, nel momento appena precedente l’esplosione vera e propria: l’emissione segue il passaggio della prima onda d’urto, in una successione di shock che condurranno la supernova alla detonazione finale.
Si tratta di un’osservazione di importanza storica: come spiega Armstrong "essendo lo stadio iniziale di una supernova così veloce, è molto difficile che i telescopi riescano a catturare questo fenomeno".
Ci è riuscito il telescopio della NASA Kepler: progettato per indagare una specifica regione della Via Lattea alla scoperta di pianeti simili alla Terra, Kepler non è più operativo dal 2018, ma i dati raccolti in quasi dieci anni di attività sono ancora in fase di studio.
Tra questi, un evidente fenomeno della durata di tre giorni che mostra "con una cadenza senza precedenti, lo shock da raffreddamento" che segue il cosiddetto lampo da urto, quello che non consente ai telescopi ottici di osservare direttamente la fase finale dell’esplosione.
Non solo Kepler: il telescopio Spitzer conferma le ipotesi degli scienziati
Secondo la NASA, quelle delle supernove sono le più grandi esplosioni mai osservate dagli umani, e si crede che proprio tali fenomeni siano alla base della creazione di molti elementi fisici del nostro universo.
Un’ulteriore indagine sul ciclo vitale delle supernove – pubblicata circa un mese prima della scoperta dell’Università australiana – ha usato le immagini ad infrarossi del telescopio Spitzer per individuare, oltre la polvere che ne impedisce l’osservazione diretta, quelle stelle di cui gli scienziati hanno fino a oggi soltanto potuto ipotizzare l’esistenza.
La NASA così ha potuto descrivere per la prima volta la fine di una supernova come una "esplosione che riduce le stelle in frantumi".
Spitzer ha così confermato l’esistenza di stelle ipotetiche, ma ne ha anche scoperte cinque del tutto nuove, che gli scienziati non avevano mai considerato.
Ori Fox, scienziato dello Space Telescope Science Institute di Baltimora e promotore dello studio, i dati acquisiti da Spitzer sono fondamentali: "sapere quante stelle stanno esplodendo ci può aiutare a predire quante stelle si stanno formando", il che è fondamentale per diverse aree della ricerca astrofisica.
Il prossimo a tentare di studiare le supernove sarà il telescopio ad infrarossi James Webb, il cui lancio è previsto per il prossimo Ottobre e che sarà il più grande telescopio mai inviato nello spazio dalla NASA.