Einstein aveva ragione: i buchi neri curvano lo spazio-tempo e la luce. Lo studio di Stanford che fotografa fotoni sul retro di un buco nero dimostra la relatività generale.
La notizia è stata pubblicata il 28 Luglio su Nature, a cura di un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford: per la prima volta nella storia si è osservata della luce provenire dal "retro" di un buco nero.
L’oggetto osservato è un buco nero supermassiccio che si trova nella galassia I Zwicky 1, nella costellazione dei Pesci, a 876 milioni di anni luce dalla Terra. La scoperta, secondo lo studio, confermerebbe la teoria della relatività generale.
I buchi neri "piegano" lo spaziotempo
La ricerca – guidata da Dan Wilkins della Stanford University – era focalizzata sull’indagine della corona del buco nero quando durante l’osservazione sono stati notati dei riverberi di fotoni X. Quel che ha attirato l’attenzione dei ricercatori, è che per la prima volta questi lampi di luce sembravano – in maniera del tutto inaspettata – provenire anche da dietro il buco nero.
I buchi neri sono corpi celesti generati dall’implosione di oggetti di enorme massa, e dal conseguente collasso gravitazionale: nella pratica, quando una stella implode lo spazio-tempo si contrae fino a concentrarsi in un unico punto, chiamato singolarità, che sfugge a tutte le leggi della fisica note.
I buchi neri sono quindi dotati di un campo gravitazionale sufficientemente forte da non consentire a niente, compresa la luce, di uscire. Nel 2019 l’Event Horizon Telescope riuscì a ricostruire, mettendo insieme la potenza di oltre dieci telescopi dislocati in tutto il mondo, l’immagine di un buco nero.
I buchi neri non sono direttamente osservabili, motivo per cui anche nel caso di Event Horizon è stato lo spazio circostante il corpo celeste a dare ai ricercatori le indicazioni necessarie: l’immagine dimostrava per la prima volta l’esistenza di un orizzonte degli eventi, così come teorizzato da Einstein.
La luce dietro al buco nero
Ciò che è osservabile in un buco nero è il cosiddetto disco di accrescimento, una struttura che si forma attirando materiale nel campo gravitazionale del buco nero. La corona non è altro che un indice del disco di accrescimento, una sorta di contorno luminoso generato dall’enorme calore raggiunto dal materiale catturato dal buco nero. Quel che si può vedere di un buco nero, dunque, è il modo in cui questo letteralmente piega lo spazio-tempo.
L’osservazione di fotoni provenienti dal retro del buco nero è, nelle parole di Wilkins, una prova di come i buchi neri curvino lo spazio-tempo circostante: "la luce che entra in buco nero non può uscire, e non dovremmo perciò essere in grado di osservare della luce proveniente da dietro il buco nero". E aggiunge: "la ragione per cui la vediamo è che il buco nero piega lo spazio, curvando la luce e distorcendo i campi magnetici intorno ad esso".
In pratica, la luce proveniente da dietro il buco nero è visibile proprio in virtù della curvatura dello spazio-tempo provocata dal buco nero: quanto predetto dalla teoria della relatività generale di Einstein, che non era ancora stato dimostrato, trova nella ricerca di Wilkins una dimostrazione che è già di per sé un evento storico.
Si tratta dunque di una scoperta epocale, e non soltanto in termini di teoria: "Cinquant’anni fa, gli scienziati non avevano idea che un giorno avremmo avuto le tecnologie per osservare direttamente questi fenomeni e vedere la teoria della relatività di Einstein in azione", afferma Roger Blandford, co-autore dello studio.
Alessandra Caraffa