Non c'è nulla di male ad usare una app per trovare un partner, ma siamo sicuri che sia la scelta giusta per tutelare la nostra privacy?
Da quando è esplosa la pandemia di Covid-19, che ha impedito o ristretto moltissimo le occasioni di trovare partner “nella vita reale“, si è registrato un vero e proprio boom delle app di dating. Ma questo, a detta di Mozilla Foundation e di Avast, ha un risvolto negativo perché circa il 70% delle app di incontri ha almeno un problema nella gestione dei dati personali degli utenti. Non rispetta la loro privacy, insomma.
Si tratta di un problema non da poco, perché una volta che scatta il “match" e due profili iniziano a “frequentarsi“ tramite l’app è assai probabile si scambino anche informazioni, foto e video molto intimi. Se questi dati non sono tutelati al 100%, quindi, non lo sono neanche gli utenti e, alla fine, a rischiare sono anche gli sviluppatori delle app stesse. E’ il caso, recentissimo, di Grindr: l’app di dating dedicata agli uomini omosessuali, bisessuali e transessuali è stata multata dal Garante della Privacy norvegese per 10 milioni di euro, poiché la sua gestione dei dati personali degli utenti non è conforme a quanto previsto dalla normativa europea sulla privacy, il famoso GDPR.
Dating e privacy: il punto della situazione
La società di cybersicurezza Avast ha preso in mano la guida per gli acquisti “Privacy Not Included" redatta da Mozilla Foundation e ha messo in luce le criticità della gestione della privacy da parte delle app di dating.
Ne emerge una situazione tutt’altro che rassicurante e il problema è semplicissimo da capire: queste app si basano sul “match" dei profili, cioè sulla ricerca delle affinità tra gli utenti. This, as you can easily guess, is easier to accomplish if you have more data on users.
As a result, these apps rely on massive collection of subscriber data, which is also their main source of income because then this data is resold anonymously (but not always GDPR-compliant, as seen in the Grindr case) to third-party companies.
Dating apps: the data breach problem
There is then a further problem, in addition to privacy, when it comes to dating apps: that of data breaches, i.e. theft of user data by hackers. In January 2020, there was a sensational case: 70,000 photos of women registered on Tinder were put up for sale on the dark web, along with 16,000 unique user IDs.
This is made worse by the ability, given by almost all dating apps, to login via a Facebook profile. Not only does this mean granting all the data uploaded on that app to Facebook as well, but it also means exposing oneself twice to data breach risk: anyone who can get their hands on the user's Facebook profile login data can know that they have linked the profile to the dating app and, as a result, can access all the data on it.