L'universo potrebbe essere una grande rete neurale, la particolare intelligenza artificiale che "imita" il cervello umano.
È uscito l’11 Agosto nei cinema italiani "Free Guy – Eroe per gioco", film commedia diretto da Shawn Levy in cui il protagonista diventa cosciente di essere parte di un enorme videogioco, che deve salvare prima che i programmatori riescano a spegnerlo per sempre.
Nel frattempo il pubblico di tutto il mondo sta aspettando l’attesissimo quarto capitolo della serie Matrix, la cui uscita nei cinema italiani è prevista per l’inverno.
Il cinema si fa così specchio di una teoria scientifica, al limite della suggestione, che non accenna a scomparire dalle più recondite fantasie della comunità scientifica internazionale: la teoria che il mondo in cui viviamo sia una simulazione.
La strana storia della Teoria della Simulazione
La teoria della simulazione ha origini piuttosto lontane: ben nota alla tradizione cinese più antica, si affaccia al mondo occidentale nel 2003 grazie a Nick Bostrom, filosofo e direttore del Future of Humanity Institute presso l’Università di Oxford.
Incredibilmente riconosciuta dalla maggior parte della comunità internazionale dei fisici teorici come la spiegazione più probabile dell’esistente, la teoria della simulazione parte dal presupposto che debba esserci uno schema unico alla base di tutte le leggi della fisica.
La vicenda storica della Teoria della Simulazione è piuttosto complessa: le voci in campo sono quelle di filosofi, fisici, scienziati, hacker di fama mondiale, ingegneri informatici.
Nel 2018, per esempio, il fisico teorico James Gates dell’Università del Maryland ha affermato di aver scoperto che nella fisica delle particelle c’è del codice identico ad una particolare struttura che utilizziamo per navigare in internet.
Nel 2020 l’hacker di fama mondiale George Holtz, famoso per il jailbreaking di iPhone e Playstation 3 in diretta Youtube, ha fondato un culto votato a rompere la simulazione e liberarci del nostro "grande programmatore".
Come si possono hackerare gli iPhone, secondo Holtz, è possibile farlo con il più grande software mai immaginato: la simulazione-mondo, che attira l’attenzione di illustri epigoni come Neil de Grasse Tyson ed Elon Musk.
Molto più recentemente si è fatta strada l’ipotesi che la materia oscura, il grande cruccio della fisica teorica mondiale, possa essere in realtà "il peso delle informazioni" – a suggerire ancora una volta che deve esistere una struttura unica alla base dell’esistente, e che questa struttura possa avere nulla a che fare con la materialità che sperimentiamo nel mondo.
L’ultima affascinante teoria è quella pubblicata dal professor Vitaly Vanchurin dell’Università del Minnesota: l’universo potrebbe essere una immensa rete neurale, una particolare forma di Intelligenza Artificiale.
L’universo è un’immensa rete neurale
Per anni gli scienziati hanno cercato di conciliare la meccanica quantistica e la teoria della relatività: se per la prima il tempo è assoluto ed universale, infatti, la relatività generale indicherebbe il tempo come relativo – secondo l’immagine che vede lo spazio-tempo come un tessuto capace di tendersi e distendersi.
Nel suo paper, Vanchurin afferma che la struttura delle reti neurali artificiali "presenta comportamenti approssimativi" coerenti con entrambe le visioni dell’universo fisico oggi accettate.
Spiega nella ricerca "il 99% dei fisici sostiene che alla base dell’universo vi è la meccanica quantistica, perciò tutto il resto dovrebbe emergere da essa, ma nessuno sa bene come questo dovrebbe accadere".
Il senso della ricerca parte quindi dall’intenzione di "considerare un’altra possibilità, cioè che una microscopica rete neurale sia la struttura fondamentale di tutto, incluse la meccanica quantistica e la relatività generale".
Ma cos’è una rete neurale? Le reti neurali sono, nel campo del machine learning o apprendimento automatico, delle particolari intelligenze artificiali ispirate al funzionamento del cervello umano.
Si tratta di sistemi computazionali in grado appunto di imparare, quindi di adattarsi e modificarsi in base alle informazioni, esterne o interne, che vengono proposte in fase di apprendimento.
L’universo, quindi, potrebbe essere un grande organismo artificiale che funziona pressappoco come un cervello umano. Alla base dell’esistente, secondo il nuovo suggestivo studio, potrebbe dunque esserci la stessa struttura computazionale che guida il funzionamento dell’intelligenza umana.
Alessandra Caraffa